martedì 15 gennaio 2008

Lo scompenso cardiaco

Definizione: Insufficienza della portata cardiaca rispetto alle necessità metaboliche dell’organismo

Per semplificare quello che diremo dopo, provate ad immaginare il cuore ed il letto vascolare come due pompe poste in serie. La prima (atrio e ventricolo sinistro) raccoglie l’acqua dal bacino dove viene pompata dalla seconda (atrio e ventricolo destro) per riversarla in un bacino dove viene raccolta proprio dalla seconda. Provate ora ad immaginare che cosa succede ai due bacini di raccolta se una o entrambe le due pompe si fermano o riducono il loro lavoro.

È ovvio che atrio e ventricolo sinistro si trovano a svolgere un lavoro molto più pesante, cosiddetta pompa di pressione, rispetto ad atrio e ventricolo destro, che costituiscono una pompa di volume.

La causa della insufficienza di portata cardiaca, ossia della funzione di pompa, alla base dello scompenso è imputabile alla difficoltà del ventricolo sinistro ma non solo. Le patologie del sistema cardiovascolare che possono comprometterne la funzione di pompa sono:

  1. riduzione della capacità contrattile, come in caso di pregressi eventi infartuali
  2. riduzione del riempimento della pompa ventricolare sinistra, come può accadere in caso di stenosi (stenosi= restringimento) della valvola mitrale (mitrale= valvola cardiaca che divide l’atrio sinistro dal ventricolo sinistro) o tricuspide (tricuspide= valvola cardiaca che divide l’atrio destro dal ventricolo destro) oppure in caso di malattie essudative del pericardio, che impediscono la distensione del ventricolo e quindi il suo completo riempimento (tecnicamente bisognerebbe dire che non si riesce a sfruttare il meccanismo fisiologico di Starling, vedere dopo la definizione).
  3. oltre alle incapacità di pompa, il quadro di scompenso tra richieste e fornitura si può avere in caso di aumento delle resistenze che le due pompe devono vincere. È il caso, ad esempio, della stenosi della valvola aortica e delle crisi ipertensive. In questi casi, le resistenze che il ventricolo sinistro deve vincere per poter spingere il sangue nel circolo periferico sono superiori alla sua capacità contrattile tanto da diventare insufficiente.
  4. nel caso della condizione opposta alla precedente, ossia quando le resistenze periferiche crollano, come nel caso dello shock ipovolemico o nelle emorragie acute, si verifica anche in questo caso uno scompenso tra le richieste e la capacità di fornitura del cuore. In questo caso si parla di scompenso ad alta portata, nel senso che la capacità cardiaca è normale o addirittura aumentata, ma insufficiente per le necessità perché manca il sangue da trasportare o è disperso nei mille circoli collaterali che si formano nello shock.

Fisiopatologia (ossia in che modo si instaura il danno)

Nella maggioranza dei casi lo scompenso cardiaco rappresenta lo stadio finale di una serie di adattamenti che si attuano in risposta ad una condizione patologica. Questi adattamenti possono coinvolgere sia il muscolo cardiaco stesso, la circolazione periferica, il tono neurormonale e l’equilibrio idroelettrolitico.

Che cosa succede quando il cuore inizia ad essere in difficoltà?

Il primo meccanismo di compensazione è quello di aumentare il volume dei ventricoli. Come già detto prima, l’aumento del volume, cosiddetto effetto Starling, aumenta la capacità di pompa del ventricolo. Tuttavia, l’incremento di attività data da questo meccanismo è molto poca, dato che in genere il cuore lavora vicino al meglio delle performance ottenibili con l’effetto Starling.

A questo punto cosa rimane al cuore per evitare la bancarotta e lo scompenso?

Le possibilità sono 2: un aumento della forza di contrazione o un aumento della frequenza cardiaca. È ovvio che nessuna di queste è ottimale nel lungo periodo, ed alla fine entrambe diventano un boomerang negativo. Ma vediamo nel dettaglio che cosa succede:

L’aumento della frequenza cardiaca è dovuta all’aumento della produzione di catecolamine attraverso il sistema nervoso autonomo. Il risultato finale è l’aumento della frequenza cardiaca. In una prima fase, l’aumento della frequenza cardiaca è efficace nel migliorare la portata cardiaca e quindi nello scongiurare lo scompenso. Ma occorre ricordare che le fibre miocardiche, per la posizione dell’origine delle coronarie, vengono ossigenate durante la fase diastolica. Un aumento della frequenza cardiaca, protratto nel tempo, porta ad una vera e propria sofferenza ischemica della parete cardiaca, in particolare quando il letto coronarico non è al meglio della propria struttura. Non è raro riscontrare nell’ECGramma dei sopra o sottoslivellamenti del tratto ST o inversioni dell’onda T in pazienti che presentano un disordine ritmico del cuore con una tachicardia, così come segni di scompenso cardiaco (vedi oltre). In questo caso si può parlare di un test equivalente ad una prova da sforzo positiva perché per quel cuore la tachicardia, con la conseguente riduzione del periodo di irrorazione, è causa di ischemia. Altra considerazione che occorre fare, sempre a proposito della tachicardia “compensatoria” è che la tachicardia riduce sensibilmente il periodo di riempimento del ventricolo ad opera striale e, quindi, una riduzione della portata. È per questo che, in molti casi di associata crisi tachicardia (ad esempio la fibrillazione striale) con associato edema polmonare acuto, si cerca di ridurre farmacologicamente il ritmo in modo da poter migliorare le performance cardiache.

Altro metodo “cardiaco” per il mantenimento del sovraccarico sono le modificazioni strutturali dei ventricoli, con l’ipertrofia o iperplasia delle fibre muscolari. Nel caso il ventricolo si trovi a lavorare contro delle resistenze periferiche molto alte (cosiddetto aumento del post-carico), modificherà il suo aspetto nel senso dell’ipertrofia (come ogni muscolo iperallenato, tenderà a ingrandirsi), con la riproduzione delle fibre muscolari miocardiche in parallelo. Quindi morfologicamente, il ventricolo non cambia la sua forma ma riduce la sua cavità per effetto dell’ingrossamento concentrico delle pareti dei ventricoli stessi. Nel lungo periodo, questo meccanismo si complica per la riduzione della capacità contenitiva della cavità ventricolare con conseguente impossibilità a sfruttare l’effetto Starling, l’effetto finale sarà una riduzione della portata. Inoltre, l’aumento dello spessore delle pareti ventricolari renderà ancora più difficoltosa la loro irrorazione da parte delle coronarie, con conseguente aumento dello stress parietale e peggioramento del quadro ischemico miocardico.

Quando il ventricolo sinistro deve lavorare non contro delle resistenze periferiche (come il caso della ipertensione arteriosa), ma deve smaltire molto volume che arriva dal circolo polmonare (cosiddetto sovraccarico volumetrico) va incontro ad una dilatazione, con incremento delle sue fibre in parallelo. È il caso delle fistole artero-venose oppure quando vi è una comunicazione tra atrio destro ed atrio sinistro per difetto del setto interatriale o per la pervietà del dotto di Botallo.

Quando il cuore inizia ad essere in difficoltà e l’organismo registra i primi segni dello scompenso, si instaurano altri 2 meccanismi che cercano di compensare lo stato di difficoltà. Il primo è la vasocostrizione periferica, con l’aumento del tono arterioso, che ha l’obiettivo di mantenere i livelli pressori, cercando in questo modo di aumentare la perfusione periferica, e l’aumento del tono venoso, in modo da aumentare il ritorno venoso al cuore e quindi di migliorarne le prestazioni. È facile intuire come entrambi questi meccanismi, se in un primo momento suppliscono alle necessità dell’organismo, nel lungo periodo diventano, essi stessi, causa di danno e di sovraccarico del cuore. Il primo aumenta il post-carico, ossia le resistenze contro le quali deve lavorare il ventricolo sinistro, il secondo aumenta il sovraccarico del ventricolo sinistro con, in caso di scompenso conclamato, il peggioramento del quadro di intasamento polmonare e conseguente edema.

Il secondo meccanismo riguarda l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. In parole semplici che cosa significa. Quando i vari barocettori (sensori deputati a “monitorizzare” la pressione ematica) sentono che la pressione arteriosa inizia a scendere sotto i livelli di guardia, indipendentemente dalla causa del calo di pressione (vuoi, ad esempio, per la scarsa capacità del ventricolo di pompare il sangue vuoi per una emorragia o per la disidratazione) attivano il sistema renina-angiotensina-aldosterone, che è il modo attraverso il quale si comunica al rene che è necessario aumentare il volume della massa circolante. Tramite l’aldosterone, il rene recupera tutta l’acqua possibile. È tramite questo meccanismo che, quando l’organismo è disidratato, le urine sono molto cariche e scure, mentre quando l’idratazione è buona, oppure beviamo molta acqua, le urine sono molto chiare. Ma come tutti i meccanismi di compenso, anche questo, nel lungo periodo, diventa controproducente perché aumentando la massa circolante non fa altro che aumentare lo stress lavorativo del ventricolo sinistro, che ha già il suo bel da fare. Questo meccanismo diventa talmente dannoso che una delle terapie più frequenti, nello scompenso cardiaco, è quello di usare farmaci per aumentare la escrezione urinaria di acqua e sodio (sia la furosemide, in grado di agire sul tubulo riducendo il riassorbimento dell’acqua, sia tramite farmaci detti anti-aldosteronici, proprio perché sono in grado di bloccare l’azione dell’aldosterone).

Vediamo di fare il riassunto di quanto detto: il nostro vecchio ventricolo sinistro ha avuto il suo da fare, è diventato vecchio e negli ultimi anni ha dovuto affrontare sforzi sempre maggiori perché le pressioni periferiche sono aumentate. Le arterie si sono indurite, si sono formate molte placche che rendono il flusso ematico vorticoso e difficile da spingere (il suo organismo si è goduto la vita, ha mangiato e bevuto molto, è aumentato di peso, il colesterolo era sempre alto e, negli ultimi anni anche la glicemia ha iniziato a fare le bizze). E se le arterie periferiche hanno avuto molti danni, che dire delle sue coronariche, strette e stressate dalle continue contrazioni che, negli ultimi anni, sono diventate sempre più forti. All’inizio ha fatto come meglio ha potuto: si è ingrossato, ha aumentato i suoi muscoli ed all’inizio sembrava andasse meglio, ma poi non è bastato. Se riusciva a pompare sangue anche contro resistenze elevate, gli toccava correre come un matto per arrivare a fine giornata avendo smaltito tutto il lavoro. Nell’ultimo periodo, poi, sempre un fastidioso dolore legato al fatto che le coronarie non bastavano per i troppi muscoli. Come se non bastasse, sempre più lavoro, sempre più lavoro, la quantità di sangue circolante sembra essere aumentata a dismisura. È ovvio, siamo sull’orlo del baratro.

SINTOMI

Quando il cuore non riesce più a farcela, si instaurano i sintomi clinici dello scompenso. Quanto più rilevanti sono i sintomi, tanto più siamo in ritardo con la diagnosi. Occorre ricordare che i sintomi, nel primo periodo, sono assenti o molto sfumati, quindi vanno ricercati con molta pazienza, perché spesso sono sottovalutati dal paziente od attribuiti ad altro.

Dispnea

Significa che il paziente ha la difficoltà a respirare, gli manca il respiro, ha fame d’aria.

Nel primo periodo, la dispnea si rivela solo in caso di sforzo di entità sempre minore mano a mano che il quadro cardiaco peggiora, sino ad arrivare al quadro della dispnea a riposo.

La dispnea è legata alla congestione del circolo polmonare quando il ventricolo ad essere in maggiore difficoltà è il sinistro. Questo perché se il ventricolo sinistro non riesce a smaltire il suo carico di lavoro, la pressione a monte (ossia nel circolo polmonare) aumenta, dato che il ventricolo destro continua a lavorare tranquillamente. Quando la pressione idrostatica, che spinge sulle parete capillari, supera la pressione oncotica, ossia la forza delle proteine del sangue di richiamare i liquidi all’interno dei vasi, si instaura una trasudazione di siero nell’interstizio polmonare e, sebbene minima all’inizio, negli alveoli. È quello che viene definito clinicamente come congestione polmonare i imbibizione interstiziale. La presenza del minimo versamento alveolare o la produzione di muco indotta dall’effetto irritativo della congestione interstiziale, porta ad una tosse spesso stizzosa, che si può accompagnare a fischi espiratori all’auscultazione polmonare. È quello che viene chiamato asma cardiaco.

Epatomegalia

Che cosa succede quando ad essere “insufficiente” rispetto ai suoi compiti è il ventricolo destro piuttosto che quelli sinistro? Anche in questo caso si ha un ristagno di sangue nel letto vascolare a monte dell’atrio destro. Il sangue arriva all’atrio destro attraverso la vena cava inferiore e superiore. La vena cava inferiore raccoglie il sangue refluo dagli organi addominali e dagli arti inferiori. Quindi il ristagno si crea in questi organi. Morale della favola il primo organo a riempirsi di sangue è il fegato che può presentarsi ingrandito, dolente alla palpazione, con aumento minimo delle transaminasi. Le vena cava superiore congesta si mostra con un turgore delle vene giugulari. Lo scompenso del ventricolo destro può essere legato sia a patologie polmonari, come nel caso della ipertensione polmonare o in caso di malattie fibrotiche del parenchima polmonare (ad esempio la silicosi dei minatori delle miniere del carbone), oppure per cause cardiache come nel caso di stenosi della tricuspidale.

n.b. se la causa dello scompenso è cardiaca, la distinzione tra scompenso destro e sinistro ha un qualche senso solo all’inizio, ma non nelle fasi avanzate del processo, quando le due forme si interconnettono presentando sintomi dell’una e dell’altra.

Ortopnea

Significa che il paziente, per poter dormire, deve utilizzare molti cuscini in modo da tenere il tronco più in alto rispetto agli arti inferiori. Nei casi avanzati, si può arrivare sino alla necessità di dormire in posizione seduta. Il meccanismo alla base della incapacità a dormire supini è legata all’aumento del ritorno venoso che si verifica quando si è sdraiati. L’aumento del ritorno venoso non fa altro che aumentare il precarico per il ventricolo sinistro, scatenando, così la cascata di eventi che abbiamo visto prima con conseguente trasudazione di liquidi nell’interstizio polmonare. Quando il paziente si sveglia dal riposo notturno perché gli manca l’aria e si mette seduto o in piedi, non fa altro che aumentare il ristagno di sangue in periferia riducendo il precarico e quindi lo stress a carico del ventricolo sinistro. Occorre considerare che lo stesso effetto lo si ricerca con farmaci quali i venodilatatori (ad esempio i nitrati) oppure i diuretici. Per farvi un esempio, il cosiddetto salasso rosso che si faceva in passato, era a volte efficace nel paziente cardiopatico proprio per lo stesso motivo, la terapia con sanguisughe, al di là della successiva scoperta delle sostanze scoagulanti e venodilatatorie presenti nella loro saliva, ottenevano il loro effetto proprio riducendo il precarico. È utile memorizzare questo dato perché la prima cosa da fare nel paziente anziano cardiopatico che presenta segni di dispnea è proprio quella, banale, di metterlo con il busto eretto.

La presenza della ortopnea è anche un segnale prognostico negativo, dato che significa che le capacità di compensazione del cuore sono esaurite.

Dispnea parossistica notturna

Sono episodi improvvisi di dispnea notturna, che non risentono dell’ortopnea e che costringono il paziente a alzarsi e spesso aprire la finestra alla ricerca di aria. Sono legati ad un broncospasmo cardiogeno e, ripetendosi spesso, compromettono il riposo notturno del paziente.

Nicturia

È un sintomo che spesso viene omesso perché considerato di minore importanza. È la necessità di urinare spesso durante la notte. Il meccanismo è facilmente comprensibile, dato che la posizione supina migliora la perfusione renale, recuperando una parte di quel sangue che viene in genere dirottato verso i muscoli o la milza durante la digestione. Il rene, che si comporta come un setaccio, più sangue filtra più urina produce.

Paradossalmente, negli stadi avanzati, in cui si è instaurato il meccanismo di attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e quindi il recupero di acqua, la necessità di urinare è diminuita soprattutto durante il giorno ed il paziente urina molto la notte.

Edema Polmonare

Quando lo scompenso è in fase avanzata e vi sono dei fattori precipitanti, si può verificare l’edema polmonare acuto, i cui sintomi vedremo in un piccolo capitolo apposito.

Segni clinici

Il paziente è astenico (privo di forze), dispnoico anche per sforzi minimi, con edemi declivi improntabili, con le giugulari turgide, con rumori umidi alla auscultazione polmonare.

L’ECG permette di inquadrare quale sia il problema di fondo alla base dello scompenso.

L’Rx torace permette di studiare la morfologia cardiaca e i campi polmonari per la eventuale presenza di imbibizione interstiziale

Happy hours: per aiutare a ricordare correttamente l’anatomia cardiaca, ho trovato questa immagine con una didascalia che può essere utile.


Il meccanismo di Starling si riferisce alla capacità elastica dei ventricoli, per cui la dilatazione di questi ultimi, entro un certo limite, aumenta la loro portata, ossia la quantità di sangue che riescono a spingere fuori. È il meccanismo fisiologico tramite il quale si riesce a fare uno sforzo senza che questo comprometta la funzione di pompa del cuore, causando lo scompenso.


A proposito del sistema renina-angiotensina-aldosterone, se questo sistema è così deleterio per il cuore, oltre ai farmaci che bloccano l’aldosterone, si usano farmaci anti-angiotensina I e II. Sono i cosiddetti ACE-inibitori di prima e seconda generazione (o sartani) che avete incontrato in farmacologia. Ora dovrebbe essere chiaro anche a cosa servono.

Nessun commento: